Alberto Marvelli, giovane forte e libero, generoso figlio della Chiesa di Rimini e dell’Azione Cattolica, ha concepito tutta la sua breve vita di appena 28 anni come un dono d’amore a Gesù per il bene dei fratelli.
Nacque a Ferrara il 21 marzo 1918, da Maria e Alfredo (anche se sui documenti dell’anagrafe è riportata la data del 18 marzo). Il padre Alfredo era direttore della Banca Popolare del Polesine in Rovigo e, cessato il pericolo della guerra, si riunisce a Rovigo, nel quartiere del Duomo, con la famiglia ed è qui che Alberto vive i suoi primi anni. Per seguire il lavoro del padre, si trasferisce poi con la famiglia a Rimini. Lì frequenta l’Oratorio salesiano e l’Azione Cattolica, dove matura la sua fede con una scelta decisiva: “il mio programma si compendia in una parola: santo”. Entrò a far parte dell’Azione Cattolica a 12 anni vi rimase fino alla morte svolgendo anche incarichi direttivi a livello diocesano e regionale. Nella sua giovinezza partecipa attivamente anche ad altre esperienze che l’associazionismo cattolico esprimeva: Fuci, Laureati cattolici, Conferenze S. Vincenzo, Società Operaia, ACLI, donando con piena generosità e letizia il suo cuore di apostolo e divenendo, anche in ciò, segno di unione e collaborazione. E’ forte di carattere, fermo, deciso, volitivo, generoso; ha un forte senso della giustizia. Ha un grande ascendente fra tutti i compagni. E’ un giovane sportivo e dinamico: ama tutti gli sport: il tennis, la pallavolo, l’atletica, il calcio, il nuoto, le escursioni in montagna. Ma la sua più grande passione sarà la bicicletta, anche come mezzo privilegiato del suo apostolato e della sua azione caritativa. Nel tempo libero, anche per sostenere la famiglia dopo la morte del padre e i suoi studi universitari, veniva a lavorare in uno zuccherificio in Polesine, e più tardi in una fonderia a Cinisello Balsamo. Conseguita la laurea in ingegneria meccanica a Bologna il 30 giugno 1941 Alberto deve partire militare. Congedato, perché ha altri tre fratelli al fronte, lavora per un breve periodo come ingegnere alla FIAT di Torino. Nel periodo dell’occupazione tedesca, Alberto riuscì a salvare molti giovani dalle deportazioni tedesche. Riuscì, con una coraggiosa ed eroica azione, ad aprire i vagoni, già piombati e in partenza nella stazione di Santarcangelo e liberare uomini e donne destinati ai campi di concentramento. Dopo ogni bombardamento è il primo a correre in soccorso ai feriti, a incoraggiare i superstiti, ad assistere i moribondi, a sottrarre alle macerie i sepolti vivi. Alberto distribuiva ai poveri tutto quello che riusciva a raccogliere, si recava dai contadini e negozianti, comperava ogni genere di viveri. Poi in bicicletta, carica di sporte, andava dove sapeva che c’era fame e malattia. A volte tornava a casa senza scarpe o senza bicicletta: aveva donato a chi ne aveva più bisogno. Dopo la liberazione della città, il 23 settembre 1945, si costituì la prima giunta del Comitato di Liberazione. Fra gli assessori c’è anche Alberto Marvelli: non è iscritto ad alcun partito, non è stato partigiano: ma tutti hanno riconosciuto ed apprezzato l’enorme lavoro da lui compiuto a favore degli sfollati. E’ giovane, ha solo 26 anni, ma ha concretezza e competenza nell’affrontare i problemi, il coraggio nelle situazioni più difficili, la disponibilità senza limiti. Gli affidano il compito più difficile: la commissione alloggi, che deve disciplinare l’assegnazione degli alloggi in città, comporre vertenze, requisire appartamenti, non senza inevitabili risentimenti. Poi gli affidano il compito della ricostruzione, come collaboratore della Sezione distaccata del Genio Civile. E’ con spirito di servizio che Alberto affronta il suo impegno civico. Sentì e visse il suo impegno in politica come un servizio alla collettività organizzata: l’attività politica poteva e doveva diventare l’espressione più alta della fede vissuta. Nel 1945 il Vescovo lo chiama a dirigere i Laureati Cattolici. Il suo impegno si potrebbe sintetizzare in due parole: cultura e carità. “Non bisogna portare la cultura solo agli intellettuali, ma a tutto il popolo”: Così dà vita ad una università popolare. Apre una mensa per i poveri. Li invita a messa, prega con loro; poi al “ristorante” scodella le minestre e ascolta le loro necessità. La sua attività a favore di tutti è instancabile: è tra i fondatori delle ACLI, costituisce una cooperativa di lavoratori edili, la prima cooperativa “bianca” nella “rossa” Romagna. La sera del 5 ottobre 1946 si reca in bicicletta a tenere un comizio elettorale; anche lui è candidato per l’elezione della prima amministrazione comunale. Alle 20,30 un camion militare lo investe. Morirà, a soli 28 anni, poche ore dopo senza aver ripreso conoscenza; la madre Maria, forte nel dolore, gli è accanto. E' stato beatificato da Papa Giovanni II il 5 settembre 2004 a Loreto.
Nel mese di marzo 2017 Il Comune di Rovigo cogliendo la richiesta dell’Azione Cattolica diocesana ha intitolato una piazzetta all’ing. Marvelli.