Primo pomeriggio a Nordest

Ore 14: Francesco Pinna, studente triestino di vent’anni, muore sotto un impalcatura che si “accartoccia” su se stessa. La struttura metallica doveva sorreggere gli impianti audio e luce per il concerto di Jovanotti.

Ore 15:30: un operaio della ditta Eurostrade 90 trova il suo titolare, Giovanni Schiavon, morto suicida all’interno della propria azienda. Il cinquantanovenne padovano, pur vantando circa 200 mila euro di crediti,  si era  ritrovato sommerso dai debiti. Ha salutato la sua famiglia con un biglietto nel quale ha scritto: “Scusate, ma non ce la faccio più”.

Francesco era un giovane universitario che stava svolgendo un lavoro saltuario, forse per mantenersi gli studi o per racimolare qualche euro in più in vista dei regali di Natale, oppure anche solo per fare un’ esperienza.

Giovanni invece, era un imprenditore, ma anche un marito ed un padre, che cercava in tutte le maniere di mantenere in vita la sua azienda e pagare gli stipendi ai suoi operai. Le piccole ditte come quelle di Giovanni, lavorano prevalentemente in regime di subappalto e per questo, molto spesso, devono sottostare alle regole di chi si aggiudica le commesse ma poi salda i conti con gravi ritardi.

Francesco e Giovanni, due esistenze diverse interrotte da una sorte comune: morire di lavoro. Un lavoro sempre più debole, indecente, precario dal punto di vista della tutela della salute, dei contratti e dei profitti. La crisi sembra aver accomunato i destini di lavoratori e piccoli imprenditori.

Secondo l’ Inail, nei primi nove mesi di quest’anno, in Italia sono 691 i morti sul lavoro e nel Nordest, negli ultimi sedici mesi si sono tolti la vita 18 imprenditori. Cifre che fanno spavento, numeri che freddamente ci dicono quante vite si sono drammaticamente spezzate e quante famiglie distrutte piangono i loro cari.

Tutto questo richiama istituzioni e parti sociali all’urgenza di attivare reti di protezione a cui le persone in difficoltà possono fare riferimento.

Questi fatti, aggravati dalla drammaticità delle condizioni in cui versa il nostro Paese, chiedono soprattutto a noi cristiani e alle nostre Chiese del Nordest un sobbalzo, un di più di attenzione e di interesse verso il lavoro, di vicinanza verso quelle situazioni di difficoltà che provocano isolamento, solitudine. Chiedono che gli ambienti di lavoro ritornino ad essere luoghi di missione nei quali annunciare la centralità dell’uomo nel lavoro; chiedono che la difesa della vita non si concentri solo nel momento del concepimento e  in quello della morte naturale, ma anche nel tempo del lavoro. 

Andrea Padoan

Data: 
Lunedì, 12 Dicembre, 2011 - 14:00