Giovani e disoccupazione

“Sempre più in alto!” recitava in una vecchia pubblicità Mike Bongiorno, ma in questo caso non c'è nulla per cui gridare: “allegria!” L'ascesa inarrestabile è quella del tasso di disoccupazione che a novembre ha segnato il suo massimo storico attestandosi al 13,4% (+ 0,2% rispetto al mese precedente). Nel nostro Paese 3 milioni 457 mila persone sono senza lavoro di cui 1.860.000 uomini e 1.597.000 donne. Risultano invece occupati 13.005.000 uomini e 9.305.000 donne. 

In tutto questo i dati più desolanti li ha registrati la fascia d'età dei giovani dai 15 ai 24 anni il cui tasso di disoccupazione ha toccato quota 43,9% (+ 0,6% rispetto ad ottobre). 

Proseguendo l'analisi degli altri dati Istat relativi al mese di novembre, è possibile osservare come l'aumento del tasso di disoccupazione appena esposto, risulti in parte motivato dalla riduzione del numero degli inattivi. Il perdurare delle difficili condizioni economiche sembra aver indotto una parte di cittadini inattivi (soggetti che non sono occupati e non cercano lavoro) ad uscire da una condizione di “stallo” per intraprendere azioni di ricerca attiva di lavoro entrando così, statisticamente parlando, nelle fila dei disoccupati. 

Dal confronto con gli Stati dell'Unione Europea, l'Italia ne esce ammaccata poiché il suo tasso di disoccupazione è di due punti superiore a quello della media Eurozona (11,5%). Analizzando nello specifico i dati per singolo Stato, il colpo è ancora più duro perché se l'Italia ha registrato l'ennesimo record negativo, la Germania con il suo 6,5% ha raggiunto il suo minimo storico di disoccupazione. La Germania oltre dieci anni fa dava vita alla sofferta Riforma Hartz del mercato del lavoro, voluta dall'allora Governo Schroeder e mai smentita dai successivi governi di segno opposto guidati da Angela Merkel, mentre in Italia ad ogni cambio di governo, si annunciava una “storica” riforma del lavoro, senza mai trovare la capacità di condividere e continuare almeno una parte del lavoro iniziato dal governo precedente. 

Tra i pilastri della riforma del lavoro tedesca i minijobs (piccoli lavori) sono considerati lo strumento principale che ha contribuito all'abbattimento della disoccupazione. I minijobs, attuabili solo per alcune tipologie di lavori e usufruiti prevalentemente da giovani, donne e stranieri, possono essere svolti per un massimo di 15 ore settimanali e permettono un compenso mensile di 400-450 euro. Se in termini quantitativi questi strumenti hanno migliorato il livello occupazionale dei tedeschi creando di fatto 2 milioni e mezzo di posti di lavoro, in termini qualitativi l'utilizzo “massiccio” di questi lavori a salario ridotto può diventare deleterio poiché favorirebbe l'aumento dei working poor (soggetti che pur lavorando sono a rischio povertà) e minerebbe drasticamente il futuro pensionistico di questi lavoratori (alcune ricerche stimano un importo di 3,11 euro mensili di pensione per ogni anno lavorato con questo contratto). Se nel breve periodo quindi si registrano elementi positivi sul fronte occupazionale, sul lungo periodo tutto questo potrebbe avere pesanti ricadute sulla spesa sociale e sopratutto sulla qualità di vita delle persone. 

L'Italia, in particolare con il Jobs act, ha fatto una scelta diversa promuovendo un contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti. Ad oggi non sappiamo ancora se questa forma contrattuale si affiancherà alle altre che contraddistinguono il nostro mercato del lavoro, ma è fortemente auspicabile che questa, assieme all'apprendistato per i più giovani, diventi il contratto di riferimento, “disboscando” così la folta giungla delle false collaborazioni, partite Iva ecc. che penalizzano tante persone. 

Rimane comunque necessaria sulla questione “madre” del lavoro, una maggiore assunzione di coraggio e responsabilità da parte di tutti: del Governo nel promuovere veri momenti di confronto con le parti sociali, dei Sindacati nell'elaborare praticabili ed illuminate proposte, delle comunità cristiane e delle nostre associazioni nel promuovere per i giovani e giovanissimi, esperienze di lavoro e laboratori artigianali quali strumenti di “educazione e riscoperta del valore del lavoro”. 

Andrea Padoan
Segretario Diocesano MLAC 

Data: 
Lunedì, 2 Febbraio, 2015 - 20:48