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L’Azione Cattolica Italiana è un’associazione di laici che si impegnano liberamente, in forma co-munitaria e organica e in diretta collaborazione con la Gerarchia, per la realizzazione del fine gene-rale apostolico della Chiesa.
Forse la prima cosa da osservare è che dei laici cristiani avvertano liberamente che sia necessario o almeno opportuno unirsi in un’associazione allo scopo di contribuire alla realizzazione del fine generale apostolico della Chiesa. In effetti, non sono pochi coloro che ritengono contraddittorio un simile espediente, in particolare dopo che il Concilio Vaticano II ha chiarito in modo convincente che in forza del battesimo tutti i cristiani hanno la responsabilità di operare per l’evangelizzazione del mondo (L.G. 30-38, in particolare 33). Si può mettere in evidenza che lo stesso Concilio ha ritenuto di sottolineare l’importanza dell’Azione Cattolica (A.A. 20), ma non per tutti ciò sembra essere sufficiente.
Che cosa può far emergere l’esigenza o almeno l’opportunità dell’iniziativa in questione?
La risposta a un simile interrogativo dovrebbe emergere dai fatti: noi viviamo in un’epoca in cui la diffusione della scolarizzazione e lo sviluppo degli strumenti di comunicazione sociale hanno portato ad una situazione di notevole confusione nell’opinione pubblica riguardo (per quel che interessa qui) a tutto ciò che concerne la Chiesa: da una parte, l’uscita dall’analfabetismo della quasi totalità della popolazione italiana non significa che la popolazione stessa abbia effettivamente maturato un sufficiente bagaglio di conoscenze e un adeguato spirito critico; dall’altra, il modo in cui sono usati gli strumenti di informazione – da parte di chi produce le comunicazioni e da parte di chi le riceve – generalmente giustifica ampie riserve. In definitiva, si deve constatare che la maggioranza dei battezzati mostra di non aver capìto il senso della Chiesa, e, provocata dalle lusinghe di facili modelli di comportamento, progressivamente se ne allontana chiudendosi in una propria solitudine.
Se la faccenda portasse effettivo vantaggio all’umanità si potrebbe solo esserne contenti: ma è lècito domandarsi se le proposte alternative al Vangelo sono capaci di produrre un modo di vivere felice. Per restare alle due più forti proposte degli ultimi due secoli, il fallimento storico del marxismo e le pesanti contraddizioni del liberalismo (che pure, entrambi, presentavano aspetti senz’altro positivi) sono sotto gli occhi di tutti, e provocano serie riflessioni.
Paradossalmente, il cristiano che approfondisce la Parola di Dio è in grado di rendersi conto che il messaggio evangelico che a molti appare una specie di favola ha in realtà un senso di concretezza straordinario: basterebbe considerare come sfugga alle definizioni rigide della realtà perché essa è caratterizzata di incessanti dinamismi che bisogna imparare a capire e orientare, oppure come èviti di demandare agli altri la responsabilità delle situazioni ma, invece, chiami in causa i singoli perché si assumano le loro responsabilità, ricordando che c’è la possibilità del perdóno degli errori che inevitabilmente si commettono, al fine di ricuperare la persona a dare il proprio contributo alla crescita comune... Ma questo senso di concretezza si coglie se la lettura della Parola di Dio non è condotta superficialmente: essa deve accompagnare quotidianamente il battezzato perché possa confrontarsi con le vicende (grandi e piccole) in cui è coinvolto ogni giorno, e misurare l’altezza e la profondità della Parola: ed è questa la preghiera.
Ma un altro scoglio si incontra nell’opinione pubblica di oggi (e non solo di oggi): da una parte il Vangelo proclamato dalla Chiesa ìndica la via per realizzare un’umanità perfetta; dall’altra la pratica di vita degli uomini di Chiesa (non solo chierici e religiosi ma anche laici) troppo spesso contraddice al Vangelo. Naturalmente si sottolinea quello che va male e si trascura quello che va bene (“fa più rumore un albero che cade che una foresta che cresce”), il che non è onesto; ma a parte questo, non c’è di che meravigliarsi: la Chiesa è stata fondata da Gesù Cristo ma è composta di uomini: e davanti a Dio “nessun vivente è giusto”, ma Dio offre il perdóno a chiunque si penta e si converta (p. es.: cfr. Is 1,18-20).
Se non fosse così, io dove potrei andare? Di fronte a questo interrogativo a me sembra emergere con piena evidenza che la Chiesa è veramente sacramento di salvezza. Ancóra una volta, insomma, concludiamo con Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna» (Gv 6, 68).
Insomma: essere cristiani oggi (come sempre) non è facile, ma il Vangelo è la via che liberamente riconosciamo obbligata per offrire all’umanità una prospettiva di vita: ben sapendo, concretamente, che i poveri li avremo sempre fa noi, e che di loro dovremo sempre portare la responsabilità che ci compete.
Tutto sommato, ce n’è quanto basta per giustificare l’opportunità di riprendere quella che era la consuetudine della Chiesa primitiva, quando i fedeli «erano perseveranti nell’insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere» (At 2, 42). Il contesto culturale è molto cambiato rispetto a duemila anni fa, ma l’essere umano ha ancora quei lìmiti e quelle potenzialità che gli permettono di intendere e, malgrado tutto, di mettere in pratica la Parola di Dio. L’associazione, per questo, si rivela di grande aiuto.
A cura del Prof. Leobaldo Traniello