A partire da settembre 2025 questo sito è solo di archivio, i nuovi contenuti sono su www.acadriarovigo.it/sito2
Abbiamo scelto come filo conduttore del prossimo anno associativo la frase con cui l’evangelista Luca descrive Zaccheo: «Lo accolse con gioia» (Lc 19, 6). Si tratta di un’espressione che sintetizza l’atteggiamento che desideriamo coltivare con maggiore intensità: ’accoglienza. L’accoglienza, nella nostra vita, di Gesù in primo luogo, e, in Lui, delle persone con cui viviamo quotidianamente. Quest’anno sarà infatti dedicato in modo particolare alla cura delle relazioni, dell’incontro, del dialogo. E per questo la casa sarà il simbolo dell’anno associativo.
Il brano in cui l’evangelista Luca racconta di Zaccheo ci offre alcune provocazioni importanti su questo piano.
…per poterlo vedere…
Se ci mettiamo dal punto di vista della gente comune, che per le strade di Gerico vede passare Gesù, potremmo dire che Zaccheo non ha proprio nulla a che vedere con lui: Gesù ama i poveri, mentre Zaccheo è ricco e per di più è un pubblicano, dunque una persona non tanto raccomandabile e con cui certamente Gesù non vorrà avere a che fare. Inoltre c’è troppa gente per strada e Zaccheo è piccolo di statura: Gesù non lo prenderà di certo in considerazione.
Eppure Zaccheo insiste per vedere Gesù. Vuole vedere chi sia, a costo di affannarsi, correre avanti e arrampicarsi su un albero. Lo vuole incontrare. Chissà cosa passa per la testa di Zaccheo! Chissà perché, pur conducendo un’esistenza tranquilla, sicura, sazia, vuole vedere Gesù.
Forse questa sua esistenza non è soddisfacente. Le voci su Gesù, il racconto dei suoi miracoli e della sua predicazione, saranno arrivati fino a Gerico e devono aver incuriosito Zaccheo, forse addirittura inquietato: al punto da salire su un albero, per non farsi scappare l’occasione.
Una prima provocazione, per noi, viene dal fatto che Zaccheo non fa parte “del giro”, eppure cerca Gesù e Gesù non ha paura di cercarlo a sua volta, non ha paura del giudizio della gente. È come dire che la comunione si costruisce con tutti e non solo con chi ci è già familiare.
Come associazione possiamo allora chiederci: cerchiamo la relazione, l’incontro, la comunione, solo con chi è “del giro” o sappiamo farci interpellare veramente dalle persone che incontriamo ogni giorno, da chi è più lontano dal nostro ambiente? In maniera ancora più profonda: sappiamo ascoltare la vita di quanti ci passano accanto, scorgere i significati sottesi ai comportamenti, imparare a rintracciare oltre l’apparire, che spesso ci indispettisce o ci sconcerta, la dimensione del cuore? Il comportamento di Gesù con Zaccheo è l’invito a leggere in profondità le situazioni, le relazioni di ogni giorno, per intercettare le parole del cuore, anche quando non sono dette o sono appena accennate.
Un seconda provocazione viene dal fatto che Zaccheo è ricco. Gesù desidera provocare anche l’esistenza sazia che finora lo ha tenuto a distanza. Può accadere, talvolta, che anche noi, personalmente e come associazione, siamo nella stessa posizione del ricco Zaccheo. La nostra condizione di vita occidentale può essere per noi di impaccio, un ostacolo nel mettere a fuoco l’essenziale, ovvero la comunione con Gesù e con i fratelli. L’invito è allora chiederci che cosa veramente conta nella nostra vita, per che cosa siamo disposti a metterci in movimento.
Una terza provocazione deriva dal desiderio forte e ostinato di Zaccheo di incontrare Gesù: la possibilità della comunione ha in sé questo desiderio che apre al riconoscimento di Gesù. Personalmente e come associazione siamo invitati a riscoprire la forza e la bellezza del desiderio, dei desideri grandi del cuore che aprono la nostra vita, ci strappano alle nostre sicurezze e ci spingono in alto: riscoprire e aiutare chi ci sta accanto e quanti sono affidati alla nostra cura educativa, riscoprire la forza del desiderio di Dio. «Il tuo volto Signore io cerco».
…oggi devo fermarmi a casa tua.
Gesù continua a sbalordirci. Tratta familiarmente una persona che non ha mai incontrato, chiamandola per nome. Addirittura si auto-invita a pranzo a casa sua. Ma in realtà Gesù si è accorto dell’urgenza che anima Zaccheo e gli ha prestato attenzione, ha cercato il suo sguardo e si è “consegnato” a Zaccheo: ha “offerto” la sua persona, il suo tempo, la sua parola, la sua amicizia. Proprio come un amico si accorge che tu hai bisogno di lui e ti dice: stasera passo a trovarti.
Potremmo dire anche noi che Gesù è sempre “a nostra disposizione”. Nella nostra vita personale, nella nostra famiglia, nella nostra associazione, nella nostra chiesa parrocchiale e diocesana, si offre a noi attraverso la sua Parola. La Parola ci consegna in ogni momento l’amicizia e la vicinanza affettuosa di Gesù e la comunione con Gesù inizia proprio attraverso la frequentazione della sua Parola. Possiamo chiederci allora se l’ascolto della Parola è davvero al centro della nostra vita, della nostra relazione al Signore e delle relazioni di ogni giorno, se ci accorgiamo di questa vicinanza affettuosa che ci è offerta e se lasciamo che essa entri nella nostra “casa”, nelle situazioni e negli incontri, nel nostro modo di essere al mondo e di viverne le tensioni, se lasciamo che essa illumini tutto questo. Ci è chiesto di consentire alla Parola di Gesù di fermarsi presso di noi, di lasciarci plasmare dalla Parola, di consentire che essa metta radici nella nostra vita fino a renderci capaci di vivere secondo la sua luce e la sua verità.
Ma dall’atteggiamento di Gesù nei confronti di Zaccheo viene a noi un’ulteriore indicazione di stile che riguarda il nostro rapporto con gli altri e la stessa vita associativa: la comunione passa attraverso l’attenzione all’altro, alla sua condizione concreta, attraverso il riconoscimento della sua persona – con i suoi bisogni, progetti, sconfitte.. – passa attraverso la presenza concreta nella vita dell’altro. Potremmo chiederci allora cosa significa concretamente “abbattere i muri” nella nostra vita? Cosa significa accorciare le distanze? E che cosa vuol dire questo per la nostra associazione a tutti livelli?
C’è qui un richiamo evidente alla cura del legame associativo cui ci ha invitati la XIII Assemblea nazionale. Un legame che se adeguatamente custodito e alimentato genera legami sempre più ampi, lascia gustare la bellezza e il valore dell’essere insieme. La vita associativa ci educa a non alzare muri di difesa per salvaguardare il nostro spazio vitale, ci aiuta a capire che solo se abitato dall’incondizionatezza dell’amore questo spazio può diventare veramente vivo.
…e lo accolse pieno di gioia
Zaccheo di certo sarà rimasto sorpreso: Gesù ha giocato di anticipo e si è auto-invitato a casa sua. Ma la sorpresa non dura a lungo: in fretta Zaccheo scende dall’albero e accoglie Gesù.
Lo accoglie in casa sua, nel luogo più intimo dove una persona vive: dove mangia, dorme, dove svolge le azioni più necessarie all’esistenza umana. Dove si ride e si piange, dove si fanno progetti, dove ci si rifugia quando questi progetti crollano. Dove si sta con le persone più care, dove si condivide lo spazio (magari litigando), dove si scrive la propria storia. Zaccheo accoglie Gesù nella sua casa: cioè nella sua vita, e lo accoglie con gioia.
Possiamo chiederci: la presenza di Gesù è accolta con gioia da noi? Dalla nostra famiglia? Dalla nostra associazione? Dal nostro modo di essere, di pensare e di agire traspare la gioia di chi ha accolto il Signore e da Lui si sente continuamente accolto? Quanta speranza, quanta gioia di vivere riusciamo a trasmettere a chi ci sta accanto? E prima ancora: qual è l’atteggiamento di fondo, la tonalità essenziale, con la quale viviamo la nostra esperienza di fede, l’impegno associativo, l’assunzione delle responsabilità che ne derivano?
E le altre persone sono accolte con gioia da noi? E dalla nostra associazione? Lasciamo che l’esistenza dei nostri fratelli “invada” la nostra? Sperimentiamo la comunione con «le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono» (Gs n.1)?
Ma Zaccheo, alzatosi, disse
L’incontro con Gesù cambia Zaccheo: egli non è più l’uomo che si arrampica e che scende, ma un uomo che si alza e prende la parola. È avvenuto un cambiamento nella persona di Zaccheo.
Stare con Gesù trasforma la vita. Lasciarlo agire nella propria esistenza trasforma radicalmente la prospettiva da cui si guarda il mondo.
La casa di Zaccheo, apertasi a Gesù, si apre al mondo all’insegna della giustizia e dell’amore. I farisei non siedono a tavola con Gesù e si perdono questa straordinaria occasione. Non vale un’esistenza rinchiusa come un forziere su se stessa, avida e gelosa. La vita, con Gesù, si apre al mondo e si accorge dei poveri e condivide con loro. Solo chi osa aprire la sua esistenza a Gesù conosce la salvezza. Solo chi riconosce che la propria esistenza senza Gesù è bisognosa, può conoscere la salvezza dell’amore, della comunione.
Avere il respiro del mondo. A questo conduce la relazione con Gesù. Allargare gli orizzonti, lasciare che il mondo entri nella nostra vita di ogni giorno, è la costante tensione che deve attraversare la nostra vita personale, familiare, associativa. Aiutarci insieme a vincere il rischio del ripiegamento su se stessi o sul proprio piccolo mondo. Lo stile alternativo di cui i cristiani devono essere capaci è uno stile di apertura illimitata del cuore e della mente contro le spinte insistenti a rimanere blindati nelle paure, aggrappati alla difesa dei propri interessi, appiattiti sulla superficialità di sentimenti ed emozioni a buon mercato, garantiti nel fondamentalismo delle certezze, il Signore ci chiede di far entrare il mondo, la vita del mondo, il desiderio del cuore dell’uomo e di ogni uomo nella nostra vita, per imparare ad amare come lui ci ama, senza riserve.
Nell’anno associativo 2009-2010 siamo invitati a sperimentare, dunque, come persone e come associazione, l’apertura del cuore e l’accoglienza, l’accoglienza del Signore Gesù e l’apertura all’altro, alla comunità – e ai poveri in particolare – che viene sollecitata dalla Sua Parola. Alla luce della comunione sarà declinato anche l’impegno per la promozione del bene comune, che ha di per sé bisogno di una rete di relazioni autentiche, nutrite dal dialogo e dilatate dalla tensione alla giustizia, e che nei luoghi della vita comune, negli spazi della reciproca accoglienza, trova il suo ambito di fondamentale realizzazione.
Il Signore ci dia di cogliere sempre come tutto ciò che di buono possiamo fare ed essere non ha altra sorgente che l’accoglienza in noi del Suo amore.
di Franco Miano
Il fatto del Giorno, dialoghi.net, 7/08/09